Seleziona una pagina

Il luogo di cui vi parlo è appunto un “luogo” che nella mia concezione è svincolato da riferimenti   geografici   e storici, pur essendo frutto degli stessi. Il concetto di luogo   per me è come dicevo non determinato da eventi storici o geografici, ma dalle sensazioni che il posto emana, come in una sorta di comunicazione vibrazionale con il posto. Quindi il luogo in quanto tale estrapolato dalla sua origine, preso solo per le emozioni che trasmette.

La piscina Mirabilis (definizione data nel medioevo quando aveva già dismesso la sua funzione) in pratica non è altro che un grosso serbatoio di acqua che serviva la flotta romana di Miseno, attualmente un’opera    simile si trova solo ad Istanbul   ed aveva la stessa funzione.   Probabilmente si tratta della più grande cisterna costruita dagli antichi romani in occidente e giunta fino a noi. Misura   circa 70 metri di lunghezza e 25 metri di larghezza, quindi circa 1.750 metri quadrati per un’altezza di   circa 15 metri, con una capacità di contenimento di 12.600 metri cubi di acqua. Siamo, evidentemente, di fronte ad un’opera di dimensioni colossali.

 A pianta quadrangolare, scavata nel tufo, con quattro file di dodici pilastri cruciformi, che dividono lo spazio interno in cinque navate lunghe e tredici corte, e che ne sorreggono la volta a botte. Su di essa è impostata la terrazza di copertura, pavimentata in cocciopesto.  La cisterna è uno spazio senza alcuna visibilità esterna, nulla dal di fuori, anche per un attento osservatore, rivela o suggerisce la presenza sotterranea di uno spazio tanto vasto.  La parte esterna della struttura, purtroppo, non è ben tenuta, abbandonata a sé stessa, e non visitabile.  La cisterna è accessibile esclusivamente tramite una porta esterna, che   a sua volta dà su una scalinata in discesa che si sviluppa tutta all’interno della cavità.

               La sensazione   che si avverte durante il percorso di discesa fin in fondo alla profondità della cisterna è quella di star scivolando in un antro magico , arcaico, non ben definito così com’è tutto ricoperto dalle muffe, e dai funghi che anno creato sulle superfici colori improbabili, quasi onirici, dalle inaspettate cromie.  Le parole ed i suoni si alterano, a tratti mutandosi risuonano in una eco che confonde e disorienta, si ha all’improvviso la percezione di essere in un non luogo, nel senso di un luogo collocato completamente fuori dal tempo, un luogo non paragonabile a nessun altro già visto, una sensazione unica e rivelatrice. Si continuano a scendere le scale con una sorta di sopravvenuta reverenza come quella che si avverte nei luoghi sacri. Senza parlare, ma guardandosi intorno stupiti, ammirando quello che man mano si svela alla vista e cercando di capire la natura del luogo, man mano che si discende. Si avanza quindi con il timore dell’inatteso e il desiderio della scoperta.

              La piscina è come un tempio dedicato ad una divinità antica. Un tempio custode,   di un bene primario per gli uomini, l’acqua.  Ora vuoto, ma pur sempre, pieno dell’acqua che è stata.

  Prima di andare via ho notato un graffito rosso, un segno, per me incomprensibile, inciso sul muro, forse indice del passaggio di qualche visitatore dei tempi andati.

 La cisterna, in un primo tempo conosciuta con il nome le “Carceri di Nerone” e solo successivamente con il nome di “Piscina Mirabilis” costituiva il serbatoio terminale di uno dei principali acquedotti romani, l’acquedotto Augusteo, che portava l’acqua dalle sorgenti del fiume Serino, nei pressi del monte Terminio   in Irpinia, a circa 100 chilometri di distanza, fino a Napoli ed ai Campi Flegrei.  Si  tratta  di  un  acquedotto  che  serviva  numerose  città  e  ville  di  patrizie  e  che con  tutte  le  sue  diramazioni  raggiungeva  circa   140  chilometri  di  lunghezza,  probabilmente uno  degli  acquedotti più lunghi  costruiti  dai Romani, un piccolo  tratto  è ancora  visibile  a Napoli e  dà  il  nome  alla  zona  “ Ponti Rossi “ che  deriva dagli  archi  tipici  degli  acquedotti  romani  e  dal  colore  dei  mattoni  usati.

  La struttura  ,  ancora  quasi  completamente  intonacata   è  nel complesso   ben  conservata considerando  che  ha  più  di  duemila  anni, ma  avrebbe  bisogno  di  interventi  di  restauro urgenti per  non peggiorare  la  situazione.  Si vedono chiaramente gli archi ed i pilastri che sostengono il soffitto. La cisterna è stata scavata   in gran parte nel tufo vicino al porto in posizione rialzata rispetto a questo.  La parte in muratura è realizzata in opus reticulatum, tipico delle costruzioni antico-romane, il tutto è rivestito con malta idraulica per dare impermeabilità, inoltre gli angoli sono smussati per impedire il depositarsi di detriti e non impedire il normale flusso dell’acqua, come era in uso nelle costruzioni analoghe dell’antica Roma. L’illuminazione era ed è garantita da una serie di finestre   laterali e dai pozzetti superiori, sicuramente non è un’illuminazione a giorno, ma è sufficiente per vedere agevolmente gli ambienti e contribuisce a creare un’atmosfera davvero particolare. I pozzetti superiori erano utilizzati per prelevare l’acqua, presumibilmente con macchine idrauliche, e poi distribuita per gravità fino al porto sottoposto alla struttura, dove    serviva la flotta romana di Miseno. Sul fondo, nella navata centrale, si trova una piscina limaria sottoposta al piano di calpestio che serviva a raccogliere per deposito   i sedimenti presenti    nell’acqua della cisterna. Tale piccola (si fa per dire è lunga circa 20 metri per 5 metri per 1,10 metri) piscina limaria veniva utilizzata come vasca di decantazione e per la pulizia e lo svuotamento periodico della cisterna.  Questa struttura dimostra, ove ce ne fosse ancora bisogno, l’alto livello ingegneristico raggiunto dagli antichi romani.

              Le mie fotografie non sono state realizzate   pensando ad una documentazione del luogo visitato, ma sono state fatte sotto l’impatto emotivo del luogo stesso, e quindi non con la ricerca   di una interpretazione del luogo “pensata” ma totalmente emotiva, nell’intenzione   di catturare soprattutto la magia del luogo, il suo “Genius Loci “. È la cosa che mi ha colpito di più, l’atmosfera    del luogo, – in fondo è una semplice cisterna – ma in quel suo essere semplice contenitore di semplice acqua   c’è qualcosa di grande, non solo nelle dimensioni, ma nel fatto   che è    sopravvissuta, quasi come un organismo vivo, al passare dei millenni ed è ancora lì, in piedi in tutta la sua grandiosità, ad emozionarci ancora.

error: Contenuto protetto.